Il cortisolo e l'influenza sulla performance e il benessere
Dott. Daniele Orlandoni
Il cortisolo, ormone steroideo prodotto dalla corticale del surrene appartenente alla classe dei glucocorticoidi, rappresenta un fondamentale indicatore di stress che, in campo medico, risulta secondo solo al terzo segreto di Fatima in termini di mancato approfondimento clinico e divulgazione scientifica.
Resta, infatti, misteriosamente avvolto nell’ombra e nel disinteresse pressoché totale nella pratica sanitaria odierna: eppure si tratta di un parametro facilmente misurabile nella saliva, relativamente poco costoso, dotato di un’imponente letteratura internazionale a suo sostegno e di grandissimo aiuto per il clinico, in particolare per chi si occupa di anti-aging o di preparazione sportiva a livello agonistico o semi-agonistico.
Non essendo mia abitudine volermi attribuire meriti che non mi appartengono, voglio subito chiarire che l’intuizione legata all’importanza di questa sostanza risale ai primi lavori sullo stress prodotti dal grande scienziato H. Selye 1,2 rintracciabili sin dai suoi primi studi degli anni ’30 e proseguiti per tutto il corso della sua inimitabile carriera di scienziato-filosofo.
La misurazione dei valori di cortisolemia salivare, in corrispondenza dei picchi riscontrabili fisiologicamente alle 7-13-17e 23, rappresenta uno dei parametri più affascinanti e densi di significato clinico che si offrono alla nostra valutazione: è grazie ad essa, infatti, che possiamo organizzare diverse e appassionanti ipotesi di lavoro e inquadramento di una sintomatologia estremamente variegata e difficilmente analizzabile al di fuori di questo contesto: alterazione del tono dell’umore, acidosi metabolica, disbiosi, intolleranze, sindrome della stanchezza cronica, aging, ansia, stress ossidativo….. in altre parole livelli di cortisolo non adatti allo stress che si deve sopportare, rappresentano lo squilibrio funzionale che ci si ritrova nelle condizioni di non poter essere competitivi!
Lo sportivo attento alla performance dovrebbe monitorarlo con scrupolo per prevenire infortuni, superallenamento o scarsa competitività; è persino possibile ottenere una sua massimizzazione nell’orario in cui è prevista la gara.
Va sottolineato, inoltre, come elevati livelli di cortisolo si riscontrano come risposta di adattamento del nostro organismo ad una condizione di stress proveniente dall’ambiente esterno, significa che se il nostro sistema biologico viene sottoposto a sollecitazione cronica (o “Chronic Phase Reaction” definito: la madre di tutte le patologie3) questa può dare origine ad una condizione di ipocortisolemia; relazione di causa-effetto resa possibile dal legame indissolubile esistente tra lo stress e i livelli di cortisolo: all’aumentare del primo, sale il secondo; al protrarsi dello stress, i livelli di cortisolo tendono a diminuire con una tempistica differente per ognuno di noi, generando la condizione meno auspicabile: l’esaurimento surrenalico.
All’ipercortisolemia sono sempre associate due condizioni base: acidosi metabolica e iperglicemia.
Nel primo caso ritengo sia utile riflettere come siano sufficienti minuscole variazioni di ph intestinale per produrre importanti alterazioni nella composizione del microbiota: ospite e flora batterica scambiano informazioni continuamente e il risultato di questo dialogo determina la differenza tra la nostra salute e la malattia5.
Nel secondo, va sottolineato come si tratti di una condizione che rappresenta un evidente fattore di rischio in relazione all’insulino resistenza prima, al diabete di tipo II poi; soprattutto in soggetti che presentano un patrimonio genetico a rischio (polimorfismo sul gene TCF7L2).
Infine, ricordando sempre che “Chi non conosce il cibo non può capire le malattie dell’uomo” (Ippocrate di Koos), va sottolineato come anche in questo caso le abitudini alimentari rappresentino un fattore fondamentale nel determinarne i valori: una dieta ricca di proteine animali è in grado di produrre un suo innalzamento4 così come una dieta ricca di zuccheri semplici produca una sua brusca variazione verso l’alto a seguito dell’ipoglicemia indotta dalla rapida risposta insulinica.
Insomma, ancora una volta, siamo di fronte ad un parametro di vecchia data, il cui significato si è ormai solidificato nel tempo e contemporaneamente diluito in modo da vedere scomparire la propria importanza e considerazione da parte degli operatori del settore; uno di quei casi che fanno chiaramente tornare alla mente le visionarie parole dello stesso Selye:
“Ciò che frena la nostra ricerca non è ciò che non sappiamo o la mancanza di strumenti per investigare, piuttosto ciò che sappiamo e che non mettiamo in discussione”2.
CENNI PRATICI
Abbiamo registrato, con grande piacere dobbiamo aggiungere, un grande interesse per il cortisolo: parametro fondamentale per la valutazione della capacità dell’organismo di sostenere uno stress nel tempo garantendone nel contempo la performance.
La domanda che un po’ tutti ci avete rivolto è come fare per misurarlo.
Dopo tanta teoria, addentriamoci ora negli aspetti più pratici.
Ebbene, per prima cosa è necessario rivolgersi ad un professionista che si occupi di questi aspetti funzionali della fisiologia che, va ricordato, non sono riferiti ad un approfondimento legato ad una patologia, piuttosto alla reattività del sistema.
Bisogna valutare attentamente se è il caso di lavorare nella direzione di un aumento della cortisolemia fisiologica o, al contrario, favorire una sua discesa attraverso l’uso della tecnica via via più opportuna (integratori, moxa, coppettazione, riequilibrio craniosacrale…).
I valori vengono, lo voglio ricordare, misurati nei 4 momenti della giornata maggiormente indicativi attraverso un prelievo di saliva (i livelli salivari di cortisolo sono estremamente precisi ed affidabili):
7 del mattino e 13, 17, 23 pomeridiane.
E’ sufficiente masticare delle “salivette” (tampocini di cotone pressato custoditi in particolari provette) per circa 1 minuto per poi riporle nelle provette di trasporto che andranno conservate in frigo (o freezer a seconda dei tempi di consegna del campione) finché non saranno ritirate dal corriere o dal punto prelievi più vicino a voi (da concordare all’atto della prenotazione del test con la struttura che gestisce la logistica).
Va sottolineato che è comunque necessario un incontro per una valutazione funzionale in modo da poter elaborare la strategia più opportuna per la singola persona attraverso un servizio sartoriale che coinvolga tanto l’alimentazione che i carichi di allenamento che devono essere commisurati con la reattività surrenalica.
In conclusione: stanchezza mattutina o dopo i pasti, difficoltà ad addormentarsi o comunque performance non soddisfacente rispetto all’allenamento e al proprio standard di rendimento suggeriscono di approfondire i livelli di cortisolo salivare.
dott. Daniele Orlandoni
Bibliografia:
1. Selye H., “General adaptation syndrome”, (lettera al direttore) Nature, 1936, 138(3479):32.
2. H.Selye, “The Stress of Life”, 1976, McGraw-Hill.
3. Bengmark S.: “Acute and Chronic Phase Reaction- a mother of disaeses”, Clinical Nutrition (2004) 23, 1256-1266.
4. E. Leigh Gibson et al.: “Increased salivary cortisol reliably induced by a protein-rich meal”, Psychosom Med. 1999 Mar-Apr;61(2):214-24.
5. Hart AL et al, Review article: “The role of the gut flora in health and disease, and its modification as therapy”, Aliment Pharmacol Ther, 2002; 16; 1383-1393.
Il dott. Daniele Orlandoni è laureato in farmacia e ha conseguito un Master Internazionale in Nutrizione e Dietetica di II livello e, oltre ad essere consulente di medicina anti-aging, esperto in naturoigienismo intestinale, naturopata funzionale e shiatsuka, ha partecipato come relatore alle ultime due edizione di Nutrisport (Torino e Courmaieur) ed è attualmente iscritto al primo anno del corso di laurea in biologia.
Lavora come libero professionista presso il suo studio di Barzanò (Lc) e collabora con il centro IMBIO di Milano diretto dal Prof. Giuseppe Di Fede.
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