L’aerodinamica in bicicletta - CyclingON

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Pubblicato il 17/02/2021
L' aerodinamica in bicicletta
L’aerodinamica applicata al ciclismo studia l’interazione tra l’aria e il sistema ciclista-bici in varie situazioni. E lo fa grazie a tecnologie avanzate, prove in galleria del vento, complesse formule matematiche e analisi approfondite.

I test in galleria del vento sono ormai una consuetudine per gli atleti professionisti, soprattutto per quanto riguarda l’affinamento della posizione in bici per le prove a cronometro.
Lo studio dell’aerodinamica applicata al ciclismo ha visto le prime analisi a partire dagli anni Ottanta, per poi diffondersi largamente nei primi anni Novanta, in cui le maggiori aziende del settore basavano le proprie innovazioni sulle simulazioni condotte in galleria del vento.
La tecnologia di calcolo utilizzata è chiamata fluido dinamica computazionale (CFD, Computational Fluid Dynamics), largamente impiegata in Formula 1. Il grande vantaggio deriva dal fatto di poter simulare i flussi in base alle equazioni che li comandano, per studiare virtualmente le varie influenze sulle dinamiche dell’aria che investe il soggetto, nel nostro caso ciclista-bici.
L'aerodinamica in bicicletta
Credit photo Politecnico di Milano Wind Tunnel (GVPM)

Queste ricerche hanno portato allo sviluppo di nuove forme e geometrie delle bici, per fare in modo di ridurre la superficie dell’atleta a contatto con l’aria, per essere “più aerodinamico”. Lo scopo, ovvio, è quello di andare più veloce ed ottenere la massima prestazione possibile.
Alla luce delle nuove scoperte, l’Unione Ciclistica Internazionale è intervenuta con specifiche limitazioni alle bici, ma anche alla posizione del ciclista, per far sì che il fattore umano resti predominante sull’aspetto meccanico e per garantire la guidabilità, e quindi la sicurezza.

In particolare, il Regolamento UCI stabilisce che:
1.3.008: “L’atleta deve normalmente assumere la posizione seduta sulla bicicletta. Questa posizione comporta come unici punti di appoggio: i piedi sui pedali, le mani sul manubrio e il perineo sulla sella”.
1.3.024: “Ogni dispositivo, aggiunto o incorporato nella struttura, che è destinato a diminuire la resistenza alla penetrazione dell’aria o a creare un’accelerazione artificiale, come schermi protettivi, carene o simili, è proibito”.

Le forze che si oppongono al moto, e quindi allo sforzo, del ciclista sono essenzialmente:
- attriti meccanici, dovuti al movimento dei componenti quali ingranaggi, cuscinetti
- forza di gravità, evidente soprattutto in salita
- resistenza di rotolamento dovute al contatto tra pneumatici e asfalto
- forze di inerzia
- resistenza aerodinamica

Quest’ultima è dovuta alla forza che l’aria esercita sul sistema uomo-bici quando pedaliamo, riducendo la nostra velocità e creando una dissipazione energetica che ci costringe ad aumentare lo sforzo per mantenere l’andatura.
La resistenza aerodinamica deve essere tenuta in considerazione soprattutto nel ciclismo su strada e su pista, e infatti spesso influenza le tattiche e l’andamento delle gare (pensiamo ai “treni” per i velocisti o ai ventagli).

La formula che definisce la resistenza aerodinamica D (dall’inglese Drag), come spesso accade in ambito ingegneristico, vale più di mille parole:
D =1/2ρ V2ACd
ρ è la densità dell’aria che dipende dall’altitudine, dalla temperatura e del grado di umidità
V è la velocità
A è l’area frontale
Cd è il coefficiente di resistenza aerodinamica, influenzato da forme, rugosità e materiali

Si capisce subito che la resistenza D è proporzionale al quadrato della velocità, detto più semplicemente: se raddoppio la velocità, devo fronteggiare una resistenza quattro volte superiore.
In pianura, sopra ai 12 km/h, il contributo principale alla resistenza è quello aerodinamico. Ad una velocità di 46 km/h vale addirittura il 90%, di cui il 70% circa è dovuto al ciclista ed il resto alla bicicletta* (tenetelo a mente, lo riprenderemo nelle conclusioni…).
L'aerodinamica in biciclettaL'aerodinamica in bicicletta
Credit photo Politecnico di Milano Wind Tunnel (GVPM)

Per analizzare la forza che contrasta il nostro moto in bici è più utile riferirsi al coefficiente di penetrazione aerodinamica Cx (lungo l’asse longitudinale "x" nella direzione del movimento), che la maggior parte di noi ha già magari vagamente sentito associato alle auto…
Questo valore è riferito alla superficie frontale esposta direttamente all’aria quando ci muoviamo:
Dx = 1/2ρV2SCx
Ancora una volta, la formula è lampante: maggiore è il contatto tra aria e ciclista (S frontale), maggiore sarà la forza che dobbiamo vincere pedalando. Uno degli scopi dello studio dell’aerodinamica applicata al ciclismo si concentra proprio su questo aspetto, ovvero suggerire l’assetto in sella per diminuire la superficie che impatta con l’aria, e ridurre così la resistenza e lo sforzo.
La posizione in bicicletta è davvero importante per l’efficienza, dato che influenza direttamente l’area frontale e, dunque, la distribuzione di pressione. Più il busto è eretto, maggiore sarà lo spazio occupato e quindi l’impatto con l’aria e la resistenza aerodinamica.

La resistenza aerodinamica ha due componenti, la resistenza di attrito e la resistenza di forma.
La resistenza di attrito è causata dalle forze viscose che nascono dal contatto tra il corpo e il fluido. In particolare, se consideriamo un ciclista in movimento in aria indisturbata, le particelle a contatto con il corpo hanno velocità relativa nulla (aderenza). Negli strati vicini, l’impatto fa sì che le particelle d’aria acquistino velocità (a causa della differenza di pressione). Le differenti velocità degli strati e la viscosità dell’aria causano forze tangenziali contrarie alla direzione del moto.
L’effetto che percepiamo è la diminuzione della nostra velocità, per cui dobbiamo fare più fatica per mantenere l’andatura.
Questa resistenza deriva dunque dalla nostra velocità, ma anche dalla densità dell’aria, che come sappiamo è minore in quota poiché più rarefatta.
L'aerodinamica in bicicletta - Viviani
Credit photo Politecnico di Milano Wind Tunnel (GVPM)

La resistenza dell’aria diventa trascurabile quando la pendenza supera il 4-4,5% (per un buon cicloamatore, 7,5% per un professionista…) poiché la componente maggiore da vincere per mantenere la velocità in questo caso è la forza di gravità. In base a questa considerazione, si capisce perché ha poco senso parlare di posizione aerodinamica in salita...
La resistenza di forma è il maggior contributo alla resistenza totale ed è dovuta alle linee di flusso dell’aria che si separano nella zona posteriore del ciclista, formando ricircoli (turbolenze) in particolare dietro a testa, braccia, gambe e torso. Sfruttiamo l’esempio della testa: l’aria diminuisce la sua velocità colpendo il casco, aumentando anche la sua forza resistente. Per evitare queste turbolenze bisogna far sì che l’aria scorra sul casco senza variazioni di velocità e, dunque, di pressione.
In generale, comunque, le forme tozze favoriscono la separazione, ed in questo senso vengono indirizzati gli sviluppi dei profili dei tubi. Le turbolenze più marcate si creano, come anticipato, dietro la testa, il tronco e le braccia dell’atleta mentre, per quanto riguarda la bici, intorno alle ruote.

Dopo tutte queste considerazioni, cosa si può fare in concreto per migliorare l’efficienza della nostra azione, per andare veloci senza dover aumentare lo sforzo?
Il risultato migliore si ottiene diminuendo la superficie frontale, cioè la superficie del corpo che è colpita dall’aria. Considerando le posizioni che possiamo tenere in bicicletta*, pedalando con le mani sulle leve dei freni la nostra superficie frontale è di circa 68 cm quadrati, mentre in posizione drops con le mani basse e la schiena più inclinata, tale area diminuisce a 43 cm quadrati, quasi il 35% in meno. La posizione crono, utilizzando le appendici al manubrio, permette di distendersi ancor di più, abbattendo la superficie del corpo che impatta con l’aria.
L'aerodinamica in bicicletta - SantiniL'aerodinamica in bicicletta - Santini
Credit photo Santini SMS

Indossare capi aderenti, non solo evita interferenze con le parti della bici, ma permette all’aria di fluire più indisturbata lungo il corpo, diminuendo la resistenza di forma e generando minori turbolenze.
Le divise dovrebbero essere il più possibile lisce, tranne nelle zone in cui si ha la separazione del flusso, ovvero spalle e braccia. Questi accorgimenti possono portare ad una diminuzione della resistenza all’aria del 4-5%*. Le aziende di abbigliamento tecnico di fascia alta sono attente a questi dati, e ci ricordiamo il dibattito scoppiato al Tour de France 2017 in merito alle “bolle” inserite nel tessuto delle maniche delle divise crono del Team Sky.
 
Abbiamo detto che la testa è sicuramente una delle parti più critiche a livello aerodinamico, ed allora le forme ricercate dei caschi sono progettate per far fluire l’aria senza modificarne la velocità, per evitare la comparsa dell’effetto Venturi dietro la nuca.
Tale scopo viene perseguito anche dalle forme e dagli accorgimenti delle bici, sempre per fare in modo di disturbare il meno possibile l’aria che attraversiamo.



Il mondo delle gare
Dagli studi del professor Bert Blocken, docente all’Università di Eindhoven, relativi agli aspetti aerodinamici nel mondo delle competizioni, emerge che il ciclista in azione non perturba solo l’aria dietro di sé, ma anche frontalmente e ai lati. In tutte queste direzioni di creano differenze di pressione che generano resistenza.
In effetti, quando pedaliamo in compagnia, affiancati, stiamo facendo aumentare la resistenza che agisce su entrambi. Questo avviene perché l’aria non può scorrere in mezzo a noi e quindi il flusso che ognuno di noi perturba va a colpire il nostro compagno di uscita.
 
Nelle competizioni, soprattutto nelle cronometro a squadre degli ultimi anni, i più attenti avranno notato come la consuetudine della doppia fila non si veda più. Il motivo è proprio quello citato sopra, ovvero evitare che i flussi innescati dai singoli atleti penalizzino gli altri, e dunque la prestazione di squadra. Ecco perché chi dà il cambio si allontana in modo sensibile dalla fila dei compagni e si inserisce rapidamente in coda.
L'aerodinamica in bicicletta - Dario Belingheri
Credit photo Dario Belingheri

Durante le gare è spesso dibattuto il ruolo dei mezzi al seguito degli atleti: in effetti, il professor Blocken ha dimostrato che le moto davanti ai ciclisti creano un effetto aerodinamico che si protrae fino alla distanza di 100 metri*. I numeri fanno impressione: se la moto viaggia 30 metri davanti a un ciclista (ipotizzando una velocità di 54 km/h), riduce la sua resistenza all’aria del 12%, permettendo un guadagno di 2,6 secondi al minuto. Allontanandosi a 50 metri l’effetto permane (7% di riduzione della resistenza e 1,4 secondi al minuto). A tutto ciò si deve aggiungere che in corsa davanti al gruppo ci sono svariate auto e moto, che amplificano l’effetto descritto.
Analizzando i dati delle cronometro, inoltre, ci si è resi conto che un veicolo induce l’effetto aerodinamico anche seguendo il ciclista, come succede appunto nelle crono: ad esempio, l’auto al seguito ad una distanza di 3 metri può permettere un guadagno di 62 secondi in una crono di 50 km, sempre dovuto al calo della resistenza aerodinamica. Se l’auto è a 5 metri dall’atleta, il guadagno arriva a 24 secondi.
Si capisce come il Regolamento UCI per le crono sottostimi tale effetto, imponendo una distanza tra ciclista e macchina al seguito di 10 metri.
L'aerodinamica in bicicletta - Jennifer Lorenzini
Credit photo Jennifer Lorenzini

 
CONCLUSIONI
Lo studio dell’aerodinamica e di come ci muoviamo nell’aria in sella alla nostra bici ha un unico, grande obiettivo, che viene esasperato nelle competizioni, ovvero aumentare il rendimento della pedalata contenendo lo sforzo, è cioè andare più forte senza fare più fatica.
Sicuramente, l’aspetto più facile da curare è l’abbigliamento aderente.
Siamo ora più consapevoli che è l’uomo, o meglio la sua posizione in bici, a influenzare maggiormente la resistenza aerodinamica, e spesso non considerare questo fatto ci rende facili prede del marketing facendoci concentrare su componenti (costosi…) che complessivamente incidono per il 20%.
Affidarci ad un buon biomeccanico che ci sistemi l’assetto è dunque il primo passo per diminuire la sezione del nostro corpo che impatta con l’aria.
Dobbiamo considerare, però, il compromesso tra aerodinamicità e comfort, perché in bici ci dobbiamo pedalare per ore e non siamo atleti professionisti…

Un ringraziamento a Stefano Giappino, Politecnico di Milano Wind Tunnel (GVPM), per la collaborazione.



* Bibliografia
“Aerodinamica nel ciclismo: studio numerico delle forze globali”, Marco Panzeri
“Bicycle aerodynamics some fundamentals”, Marco Belloli
“Indagine sperimentale sull’aerodinamica di un ciclista su strada”, Riccardo Boldini
“CFD analysis of cyclist aerodynamics: Performance of different turbulence modelling and boundary-layer modelling approaches”, Thijs Defraeye, Bert Blocken, Erwin Koninckx, Peter Hespel, Jan Carmeliet, Journal of Biomechanics
“A following car influences cyclist drag: CFD simulations and wind tunnel measurements”, Blocken, Topalrar, Journal of Wind Engineering & Industrial Aerodynamics
“Aerodynamics of Cyclist Posture, Bicycle and Helmet Characteristics in Time Trial Stage”, Vincent Chabroux, Caroline Barelle, Daniel Favier, Journal of Applied Biomechanics
“Wind Tunnel Testing on Cyclists: the GVPM protocol”, Stefano Giappino


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